Scrivere queste poche pagine non è stato affatto facile. È usuale in tali tristi circostanze, finanche – potrebbe dirsi – banale, affermare che il vuoto lasciato da chi è prematuramente venuto a mancare è grande e non si lascia colmare. E certamente è così anche per l’Amica e Collega Prof.ssa Cecilia Corsi, ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Firenze, che ci ha abbandonati per un ingrato male quando ancora tanto era lecito aspettarsi, in termini umani e scientifici, dalla Sua presenza nelle nostre vite. Eppure in tale banalità si annida qualcosa di profondamente umano, come lo è l’urgenza di provare a riempire quel vuoto con la parola, con la scrittura.
Tanti sono certamente i ricordi, gli episodi, le occasioni di incontro che ognuno di noi conserverà gelosamente nella memoria di Cecilia e che, in un certo senso, ci dividono gli uni dagli altri in ragione dell’unicità dei rapporti che hanno generato quei ricordi, quegli episodi, quelle occasioni. Ma altrettanto, se non di più, Cecilia ha lasciato nella “memoria collettiva” della nostra disciplina, di cui tutti siamo compartecipi e che tutti condividiamo; cosa che ci consente di stringerci ancora una volta attorno a Lei, come a più riprese e in più luoghi, fisici e virtuali, è accaduto in questi ultimi giorni.
Chiunque abbia avuto la fortuna di incrociarLa nella propria vita accademica e scientifica, infatti, non potrà non essere stato colpito, e quindi ricordare oggi, il suo particolarissimo modo di stare al “nostro mondo”, fatto di quella essenziale sobrietà, di quella profonda onestà intellettuale, di quel grande coraggio nella costruzione delle proprie idee, di quel radicato anticonformismo nel difenderle, di quella costante e interessata attenzione alle ragioni dell’altro e di quell’instancabile generosità nell’impegno che chi scrive ha sempre ammirato e bonariamente invidiato.
Queste spiccate qualità hanno consentito a Cecilia di sviluppare una sensibilità rara nello studio del diritto costituzionale, permettendoLe di coniugare la tensione ideale verso le questioni di fondo della forma della convivenza civile e politica, evidente fin dalla scelta dei temi di ricerca, con la concretezza della vita dell’ordinamento: mai Cecilia perdeva di vista i valori di base delle questioni dibattute, ma ugualmente mai di quei valori proponeva difese ideologiche e preconcette. Sono queste le qualità che chiunque abbia letto le Sue pagine, ascoltato i Suoi interventi a convegni e seminari, ma forse ancor di più chiunque abbia “soltanto” ragionato con Lei per qualche minuto su temi costituzionalistici di comune interesse, ha sempre riconosciuto e ricercato in Lei. Non amava le problematiche impostate in maniera sterilmente astratta, ma poteva indulgere per ore e per pagine su questioni apparentemente minute, ma dotate di rilevanti implicazioni generali.
In particolare, sono queste le qualità che affiorano in quella consistente parte dell’eredità lasciata alla nostra comunità che è la Sua produzione scientifica. A partire dagli studi condotti sui diritti degli stranieri e sull’immigrazione, fin dall’ormai classico lavoro monografico Lo stato e lo straniero (Cedam, 2001), in cui la concettualizzazione del superamento del paradigma dell’esclusività nei rapporti tra ordinamento e comunità politica di riferimento si accompagna alla ricostruzione normativa della nozione di straniero e alla minuziosa perimetrazione delle posizioni giuridiche soggettive costituzionalmente riconosciute al non cittadino alla luce della disciplina legislativa vigente e delle relazioni con in diritto Ue, di cui si esplicita già appieno la straordinaria incidenza in materia. È a tutti i costituzionalisti noto, e non solo agli esperti del tema, che ad esso Cecilia ha dedicato costante attenzione, approfondendo in numerosi contributi[1] l’interpretazione del principio di uguaglianza, il diritto antidiscriminatorio e l’accesso degli stranieri ai diritti sociali, prestando particolare attenzione – proprio per la sua prima ricordata inclinazione a leggere le dinamiche di funzionamento degli ordinamenti pluralistici contemporanei alla luce delle prassi e dei risvolti applicativi – alla giurisprudenza costituzionale, della Corte EDU e della Corte di giustizia.
È altrettanto noto che, su questi temi, all’impegno scientifico “in senso stretto” della ricerca individuale, Cecilia ha sommato – a testimonianza della Sua generosità – quello nella direzione della rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, di cui era componente della redazione dal 2001 e Direttrice dal 2017 e che sotto la Sua guida ha acquisito il riconoscimento Anvur di rivista di fascia A ed è stata completamente riorganizzata con il passaggio alla modalità on line, che, come riferiscono coloro che hanno condiviso con Lei questa intensa esperienza, ha seguito personalmente con una dedizione rara, curandone sia gli aspetti scientifici, sia quelli pratici e financo informatici. A questo proposito, chiunque, come chi scrive, abbia avuto il piacere di lavorare con Lei non fatica ad apprezzare il significato di quanto è stato ricordato sul sito della rivista in questione, in cui si legge che “Non era solamente una Direttrice, ma incarnava il "senso" e la "funzione" del servizio. Era una donna che aveva personificato il ruolo di Direttrice per il bene "collettivo" della conoscenza dei temi giuridici dell'immigrazione”.
Le caratteristiche, allo stesso tempo umane e scientifiche, della riflessione costituzionalistica di Cecilia che si è inteso fin qui provare a ricordare emergono anche in relazione all’altro grande tema di ricerca che ha occupato in maniera preponderante la Sua attività, ovvero quello dell’autonomia – organizzativa, ma soprattutto normativa – degli enti locali. A tale tema, come noto, una giovane Cecilia ha dedicato la Sua prima monografia, L'autonomia statutaria dei comuni e delle province (Giuffrè, 1995), in cui, già all’indomani dell’approvazione della legge n. 142/1990, ha sostenuto che è dalla posizione complessiva delle autonomie locali nell’ordinamento repubblicano, ovvero dall’essere, comuni e province, enti dotati di autonomia politica, nonché da una lettura del Titolo V operata alla luce dell’art. 5 della Costituzione, che si devono trarre le necessarie indicazioni per collocare le fonti locali nel complessivo sistema degli atti normativi.
Anche in relazione a questo tema, Cecilia ha manifestato, da un lato, grande costanza nel seguirne gli sviluppi in relazione alle evoluzioni dell’ordinamento costituzionale, dall’altro, la volontà di affiancare alla produzione scientifica individuale l’impegno in esperienze di ricerca corali e strutturate.
Dal primo punto di vista meritano di essere ricordati i significativi contributi[2] che ha dedicato, dopo la riforma del Titolo V, al tema della rinnovata natura delle fonti locali, affrontato sempre alla luce non solo della prassi, ma anche della giurisprudenza amministrativa. In particolare, ha, nel corso degli anni, continuato a guardare alle fonti locali attraverso la lente della giurisprudenza del giudice ordinario e amministrativo, riflettendo sulla controversa collocazione degli statuti nel sistema delle fonti, sull’applicazione ai medesimi del principio iura novit curia, sulla loro efficacia nel tempo, sull’interpretazione delle regole procedurali, sugli spazi normativi ad essi riservati (dalla rappresentanza processuale alla revoca del presidente del consiglio comunale, dai vincoli ulteriori alla nomina degli assessori, alle prerogative e requisiti per l’elezione a difensore civico) e sui rapporti con la legislazione ordinaria. Il suo interesse scientifico non ha mancato, poi, di appuntarsi sulla potestà regolamentare di comuni, province e città metropolitane, soprattutto dopo il riconoscimento costituzionale ex art. 117, comma 6, Cost., con particolare riguardo alla sua natura e al suo complesso rapporto con la fonte statutaria e la legge statale e regionale. In questi studi non ha mancato di distinguersi per un approccio critico nei confronti della giurisprudenza, considerata incapace di valorizzare pienamente la fonte statutaria e regolamentare degli enti locali e di riconoscere, anche concretamente, il ruolo previsto dalla Costituzione e dallo stesso t.u.e.l.
Dal secondo punto di vista, invece, non deve essere sottovalutato il costante impegno di Cecilia nella rivista Osservatorio sulle fonti, di cui è stata responsabile della rubrica “Fonti degli enti locali”, che ha curato con la felice collaborazione di Monica Rosini, nonché la Sua attiva partecipazione a numerosi Prin in qualità di coordinatrice di unità locale fiorentina.
Dalla produzione scientifica di Cecilia emerge, infine, un terzo filone di studi che ben si presta a mettere in luce un ulteriore aspetto della sua personalità di studiosa. Si intende fare riferimento alla riflessione sui temi dell’organizzazione amministrativa, che trova il suo più significativo punto di emersione nella monografia Agenzia e agenzie: una nuova categoria amministrativa? (Giappichelli, 2005), in cui la ricerca di Cecilia muove dalla duplice constatazione che il legislatore degli ultimi decenni ha fatto ricorso sempre più spesso al termine “agenzia” per denominare enti pubblici di nuova istituzione e che il percorso di riforma della p.a. avviato con la legge n. 59/1999 ha scelto il medesimo termine per indicare delle “strutture” amministrative dotate di autonomia organizzativa e di proprie attribuzioni per proporre un nuovo inquadramento dell’istituto che valga a caratterizzarlo in maniera specifica e permetta di distinguerlo da altri istituti già noti. Appare chiaro in questo filone – si pensi, in particolare, al saggio Democrazia partecipativa e procedimento amministrativo[3] – tutto il peso dell’impostazione giuspubblicistica “a tutto tondo” del Suo Maestro Umberto Allegretti, da cui Cecilia apprende il metodo della reciproca integrazione – o “doppia coestensività”[4] – tra Costituzione e amministrazione, che la porta a individuare sempre in Costituzione il fondamento degli istituti organizzativi del diritto amministrativo e a calare nella realtà amministrativa il funzionamento degli istituti del diritto costituzionale, in modo che tra le due sfere non vi sia scarto o ve ne sia il meno possibile.
Non è un caso, dunque, che Cecilia fosse attiva socia non solo dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti (AIC), ma anche dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo (AIPDA) e dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), così come che facesse parte del Gruppo San Martino.
Questo suo metodo interdisciplinare ha certamente tratto linfa vitale, oltre che dal continuo dialogo con il Maestro, anche dal contesto didattico dell’allora Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri”, presso la quale Cecilia ha svolto – “orgogliosamente”, come bene ha fatto a sottolineare Giovanni Tarli in un suo ricordo apparso sul Forum di Quaderni costituzionali –tutta la Sua attività didattica, avendo in quel contesto maturato tutti i passaggi di carriera fino alla chiamata come Professoressa ordinaria nel 2007 e fino alla Sua afferenza al Dipartimento di Scienze Giuridiche dopo l’attuazione della legge n. 240 del 2010.
Quest’ultimo profilo della Sua biografia conduce direttamente a sottolineare un altro aspetto centrale nell’impegno di Cecilia nella nostra comunità, quello istituzionale, che tanto l’ha fatta conoscere e apprezzare all’interno dell’Ateneo fiorentino e nell’accademia tutta.
Nel primo contesto, infatti, Cecilia era in carica come Presidente del Comitato tecnico-amministrativo ed è stata, dopo l’entrata in vigore della ricordata “legge Gelmini”, autorevole membro della Commissione di Ateneo per la revisione dello Statuto dell’Università di Firenze, nonché Presidente della Scuola di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" dal 2013 al 2016, dove in precedenza aveva già ricoperto l’incarico di Presidente del Corso di laurea magistrale in Scienze della politica e dei processi decisionali. In queste vesti, fondamentale è stato il Suo contributo alla costruzione e all’attuazione del rinnovato, e in principio (soprattutto) non facile, rapporto tra Dipartimenti e Scuole, nella cui possibile integrazione e complementarietà Cecilia ha sempre creduto molto.
Nel secondo contesto, invece, Cecilia si è fatta apprezzare soprattutto per la Sua esperienza di componente della Commissione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) e di componente di svariate Commissioni di concorso locali. Proprio nella valutazione dei Colleghi, più o meno giovani, infatti, Cecilia riversava le doti di equilibrio, di serenità di giudizio, di piena autonomia, di sobrietà e di assoluta serietà che sempre le sono state riconosciute e che costituiscono per molti di noi una pesante, ma anche generosa, eredità.
Andrea Cardone
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[1] Senza pretesa d’esaustività, si ricordano, a partire dal più recente: C. Corsi, Peripezie dell’accesso degli immigrati alle prestazioni sociali, in C. Giorgi (a cura di), Welfare. Attualità e prospettive, Carocci, Roma, 2022, 117 ss.; C. Corsi (con S. Dall’Oglio), Il quadro normativo, in P. Bonetti, M. D’Onghia, P. Morozzo della Rocca, M. Savino, Immigrazione e lavoro: quali regole?, Editoriale scientifica, Napoli, 2022, 395 ss; C. Corsi, Lo straniero nel diritto dei mercati, in Aa. Vv., Scritti in onore di Antonio Ruggeri, Editoriale scientifica, Napoli, 2021, 1251 ss.; C. Corsi Migranti e immigrati di fronte all’emergenza coronavirus: tra vecchie e nuove fragilità, in Diritto pubblico, 2020, 901 ss.; C. Corsi, Il diritto alla salute alla prova delle migrazioni, in Le Istituzioni del Federalismo, 2019, 45 ss.; C. Corsi, Peripezie di un cammino verso l’integrazione giuridica degli stranieri. Alcuni elementi sintomatici, in Rivista AIC, 1/2018, 1 ss.; C. Corsi, Percorsi accidentati d'integrazione. Il caso italiano, in G. Cerrina Feroni, V. Federico (a cura di), Strumenti, percorsi e strategie dell'integrazione nelle società multiculturali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2018, 649 ss.; C. Corsi, La trilogia della Corte costituzionale: ancora sui requisiti di lungo-residenza per l’accesso alle prestazioni sociali, in Le Regioni, 2018, 1170 ss.; C. Corsi, Un (in)arrestabile indebolimento delle garanzie costituzionali nei confronti degli stranieri?, in Osservatorio sulle fonti, 1/2018, 1 ss.; C. Corsi, L’accesso degli stranieri ai diritti sociali, in L. Ferrara, D. Sorace (a cura di), A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana. Studi, Vol. VIII, A. Bartolini, A. Pioggia (a cura di), Cittadinanze amministrative, Firenze University Press, Firenze, 2016, 133 ss.; C. Corsi, Stranieri, diritti sociali e principio di eguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Federalismi.it, 3/2014, 1 ss.; C. Corsi, Immigrazione e diritti sociali: il nodo irrisolto del riparto di competenza tra Stato e Regioni, in E. Rossi, F. Biondi Dal Monte, M. Vrenna (a cura di), La governance dell'immigrazione. Diritti, politiche e competenze, il Mulino, Bologna, 2013, 229 ss.; C. Corsi, Straniero (diritto costituzionale), in Enciclopedia del diritto. Annali VI, Giuffrè, Milano, 2013, 861 ss.; C. Corsi, Diritti sociali e immigrazione nel contraddittorio tra Stato, Regioni e Corte costituzionale, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, 2/2012, 43 ss.; C. Corsi, I diritti delle persone rom e sinti alla circolazione, al soggiorno e all’abitazione, in P. Bonetti, A. Simoni, T. Vitale (a cura di), La condizione giuridica di rom e sinti in Italia, Giuffrè, Milano, 2011, 759 ss.; C. Corsi, Il diritto all'abitazione è ancora un diritto costituzionalmente garantito anche agli stranieri?, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, 3-4/2008, 141 ss.
[2] Si pensa, in particolare, a C. Corsi, M. Rosini, Le fonti degli enti locali attraverso la lente della giurisprudenza (2007-2012), in Osservatorio sulle fonti, 3/2012; C. Corsi, La potestà normativa degli enti locali nel progetto di riforma costituzionale, in Osservatorio sulle fonti, 2/2016; C. Corsi, M. Rosini, Statuti, regolamenti e ordinanze degli enti locali: un inquadramento giurisprudenziale (2013-2017), in Osservatorio sulle fonti, 3/2017.
[3] C. Corsi, Democrazia partecipativa e procedimento amministrativo: un raffronto attraverso l’esperienza della legge toscana, in F. Bortolotti, C. Corsi (a cura di), La partecipazione politica e sociale fra crisi e innovazione. Il caso della Toscana, Ediesse, Roma, 2012, 221 ss. Ma si veda anche il precedente C. Corsi, La democrazia partecipativa tra fonti statali e fonti degli enti territoriali, in Osservatorio sulle fonti, 1/2009.
[4] Per usare l’espressione che U. Allegretti, Amministrazione pubblica e Costituzione, Cedam, Padova, 1996, 72 ss. a sua volta mutua da Nigro e Esposito.