L’Associazione Italiana dei Costituzionalisti esprime il suo sincero e profondo cordoglio per la improvvisa scomparsa del Prof. Stefano Maria Cicconetti avvenuta ieri e si unisce con commozione al dolore della moglie Terry e dei figli Claudio e Giorgio.
Costituzionalista della Scuola romana – iniziati gli studi con Carlo Esposito, è stato allievo di Vezio Crisafulli e di Aldo M. Sandulli – ha insegnato presso le Università di Catania, Genova, Perugia, per poi approdare alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Roma Tre”, che ha contribuito a fondare e al cui sviluppo e consolidamento si è dedicato, per un ventennio, con straordinario impegno e autentica passione.
Studioso originale, rigoroso nelle forme e nel metodo, attento e sensibile all’evoluzione delle dinamiche costituzionali, sapeva cogliere, con un argomentare chiaro e asciutto, il cuore dei problemi. I suoi studi su alcune grandi tematiche del diritto costituzionale – dal sistema delle fonti alla revisione costituzionale, dall’autonomia parlamentare alla giustizia costituzionale – costituiscono ancor oggi un punto di riferimento ed un terreno di dibattito fertile per la densità del suo pensiero.
Cicconetti è stato anche un didatta particolarmente apprezzato dai suoi studenti. Le sue lezioni, cui egli ha mostrato sempre una fedeltà assoluta, risultavano particolarmente coinvolgenti per la sua capacità di trasformare l’ascoltatore in interlocutore, con grande profitto sia dell’attenzione sia della comprensione. Accanto alla modalità dialettica va rammentata la sua particolare affezione per il “metodo problematico”, per un insegnamento che non rinunciasse a riflettere quello che riteneva essere l’aspetto saliente della fenomenologia giuridica: la sua complessità e la sua tensione verso soluzioni aperte e molteplici. Di queste linee metodologiche – “insegnare problematizzando” e “attrezzare alla complessità” – può trovarsi pieno riscontro nelle sue opere “manualistiche”, fra cui “Le fonti del diritto italiano”, giunte alla quarta edizione. «Per evitare di trasformare l’Università in una scuola» – come diceva spesso –, «per mantenere all’insegnamento universitario il suo tratto distintivo».
Alle doti di studioso e di didatta si accoppiava poi un tratto umano inconfondibile, fatto di vivace schiettezza e disincanto, di distacco dagli onori e dalle logiche puramente accademiche, ma al tempo stesso di generosa attenzione verso i più giovani, di amore per la dialettica e per il confronto sincero.
2 aprile 2020