di Clemente Forte
Un aspetto di sicuro da approfondire nell’esame degli inconvenienti della sessione di bilancio è anzitutto quello relativo all’inosservanza di molte delle prescrizioni dei Regolamenti parlamentari. Naturalmente, non è solo questo, ma indubbiamente è anche questo.
La lettera d’introduzione dei prof. Biondi e Panzera centra molte delle sofferenze della sessione, essenzialmente legate all’evoluzione, nei fatti, del rapporto tra Governo e Parlamento a tutto vantaggio del primo, il che ha costituito la premessa perché la sessione non sia più il momento della decisione sostanziale, in ciò esprimendosi a pieno la crisi del Parlamento (a sua volta legata a cause ancor più profonde). Per molti versi, infatti, la sessione costituisce solo una variabile endogena a sua volta dipendente da numerosi fattori, interni ed esterni al Parlamento stesso. E tra le cause interne vi è anzitutto quella della disapplicazione delle regole procedurali.
Qui una breve premessa è necessaria. Le attuali procedure parlamentari di bilancio risalgono alla fine degli anni ’80, quando il rapporto tra Governo e Parlamento era abbastanza squilibrato, nei fatti, a favore del secondo. La conseguenza fu che le norme di questi Regolamenti furono riscritte, proprio in quegli anni, ruotando sull’esplicita equiparazione tra Governo e singolo parlamentare ai fini dell’esercizio dell’iniziativa legislativa (ossia, la presentazione degli emendamenti, tenuto conto della riserva d’iniziativa per il bilancio). Il fatto è ora che, essendosi ormai da tempo ribaltato nel contrario quel rapporto tra Governo e Parlamento, ciò è motivo di costante torsione tra la lettera dei Regolamenti e una realtà che registra l’applicazione dei vincoli procedurali solo alle proposte del singolo parlamentare (e solo quando esse siano prive di sostegno politico forte), il Governo ed il relatore di maggioranza essendone esentati, in pratica.
Se ne forniscono qui tre esempi di scuola.
Sul fenomeno del cd. “monocameralismo” di fatto, i Regolamenti prescrivono il tempo massimo di esame da parte di ogni ramo: 40 gg. al Senato e 45 alla Camera in prima lettura, e 35 in seconda lettura (art. 126, comma 9, Reg. Sen. e 119, comma 2, Reg. Cam.): ebbene, si tratta di norme completamente disapplicate, il che impedisce il bicameralismo. Lo stesso vale per l’estromissione di fatto dell’Aula dall’esame di merito, di sicuro a causa del suo sistematico soffocamento ad opera delle varie questioni di fiducia apposte sul testo approvato dalla Commissione bilancio, ma ancor più per la mancata osservanza delle norme dei Regolamenti che prevedono tempi massimi per l’esame in Commissione (art. 126, Reg. Sen. e 120, Reg. Cam.). La conclusione è che solo la Commissione bilancio del ramo di prima lettura redige il testo.
Un secondo profilo riguarda il mancato rispetto dei vincoli contenutistici della legge di bilancio. Anche in questo caso, a fronte di precise prescrizioni dei Regolamenti parlamentari nel senso che non vi possono essere contenute norme di delega o di carattere localistico o microsettoriale ovvero di carattere ordinamentale oppure organizzatorio, la sanzione dell’inammissibilità per gli emendamenti contrari a tali vincoli (art. 128, Reg.Sen. e 121, Reg. Cam.), dipende invece dal consenso politico che sta dietro le singole proposte (sempre con la predetta, pratica esenzione per il Governo e del relatore di maggioranza). La conseguenza è la legge di bilancio “omnibus” (sul modello degli anni ’80), anche qui a causa della mancata applicazione dei Regolamenti.
Un terzo profilo consiste nel sistematico ritardo (rispetto a precise scadenze pensate proprio in vista di un congruo lasso di tempo a disposizione delle Camere) con cui i documenti di bilancio - compresa la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza - vengono presentati dal Governo al Parlamento, con la conseguenza del soffocamento del ruolo delle Camere anche per mancanza del tempo necessario per un esame approfondito. Anche sotto questo versante tutto ciò accade nel silenzio istituzionale.
A queste tre patologie di carattere formale, si può aggiungere quella relativa alla storica esorbitanza del numero degli emendamenti presentati: mai il Parlamento è riuscito a riformarsi al riguardo (nonostante utili esempi di altri ordinamenti), trincerandosi dietro l’usbergo dell’art. 67 Cost. e risolvendo il problema con pratiche (come la limitazione dell’esame ai soli emendamenti “segnalati” dai Gruppi), anch’esse di dubbia legittimità.
Tornando alla sessione, non si tratta, comunque, solo di inosservanza dei Regolamenti. Pesano altri fattori, come, ad esempio, la scarsa attenzione da parte delle singole Commissioni per i vari stati di previsione, nel quadro di un mancato approfondimento dei documenti di bilancio. Sistematicamente il Parlamento non si occupa, per esempio, della componente del bilancio cd. a legislazione vigente, rispetto a cui la cd. “manovra” - pur valendone solo il 2 % circa - monopolizza però tutta l’attenzione: nessuno considera il fatto che la traduzione delle leggi in stanziamenti è il frutto di valutazioni totalmente discrezionali del Governo, con il risultato che tutti si concentrano sulla presentazione del proprio emendamento alla “manovra”, perdendo di vista però lo stock di partenza (il 98 % del bilancio nel suo complesso).
La rinuncia del Parlamento ad esercitare i propri diritti (e ad adempiere ai propri doveri) emerge con forza ancor maggiore in riferimento alle innumerevoli questioni contabili e finanziarie che si sono poste in questi ultimi anni (in particolare) e che finiscono, direttamente o indirettamente, per erodere in misura notevole potere finanziario al Parlamento, dilatando, per converso, a dismisura il ruolo del Governo. Del tutto trascurati sono stati istituti fondamentali come, ad esempio, la competenza potenziata (ossia la potenziale scissione tra titolo giuridico e stanziamento di bilancio), il riferimento (ai fini della flessibilità di bilancio) alle azioni come raggruppamento di capitoli senza che ne sia ancora chiara la reciproca corrispondenza, l’assenza di fatto di una relazione tecnica per la componente del bilancio a legislazione vigente (il che impedisce di comprendere il motivo delle singole previsioni di dettaglio).
La conclusione è semplice: se la sessione di bilancio (idem per i decreti-legge) presenta disfuzioni, ciò è dovuto in parte a cause interne al Parlamento e passa tanto per l’inosservanza delle prescrizioni dei Regolamenti in tema di procedure, quanto per una scarsa attenzione alla sostanza ed ai fondamenti delle questioni di cui è espressione ogni anno il bilancio dello Stato.